C’è una grande casa con giardino, a Salvaterra. Acquisita con il riciclo del denaro del commercio della cocaina. Poi quella casa con giardino fu confiscata, e fu attribuita al Comune di Badia Polesine affinché ne destinasse l’utilizzo a finalità sociali.
L’attribuzione al Comune era avvenuta in applicazione alla Legge 646/82 nota come la legge Rognoni-La Torre. “Immaginare che le ricchezze delle mafie potessero trasformarsi in opportunità di lavoro, in luoghi di stimolo alla partecipazione civile, in strumenti di cambiamento. Un risultato reso col tempo possibile grazie all'impegno di molti, frutto di un percorso che arriva da lontano. Dietro c'è l'intuizione di un grande siciliano, Pio La Torre, che capì l'importanza di colpire le ricchezze mafiose sotto il profilo patrimoniale e ispirò la legge sulla confisca dei beni. Ma rimase in abbandono, perché il Comune non fu in grado di provvedere alla ristrutturazione. Siamo consapevoli delle grandi difficoltà in cui versano gli Enti Locali, e siamo solidali con l’Amministrazione. Rimaniamo tuttavia convinti che si debba contribuire ad indebolire la criminalità nei suoi interessi economici, e che l’assegnazione a finalità sociali dei patrimoni sottratti alle mafie abbia anche un forte valore culturale, etico, educativo, e sia la risposta sostenibile all’insostenibilità delle mafie.
In un contesto di grave crisi come quello attuale, che può rappresentare un contesto favorevole alle infiltrazioni criminali nella nostra provincia, l’assegnazione a finalità sociali del bene confiscato di Salvaterra acquisisce un elevato valore non solo simbolico, che dev’essere condiviso dalla società e dalle istituzioni. Per questo Libera ha espresso un fortissimo impegno affinché il Comune di Badia debba non rinunciare a questo patrimonio, ma portarlo alla sua giusta destinazione.
E’ ora di aprire quella porta, spalancare le finestre, dissodare la terra e piantare semi di giustizia.
Immaginiamo i fiori della corresponsabilità che si potranno raccogliere nel giardino della legalità.
VILLA VALENTE – CROCCO
Salvaterra di Badia Polesine
LA
STORIA
La villa viene edificata nel XVIII° secolo, come traspare
con tutta evidenza dallo stile della facciata e dalla disposizione interna,
tipici dell’epoca. Lo stile architettonico è guidato da un gusto lineare,
raffinato, razionale. L’influsso del gusto neoclassico sotto la spinta dello
spirito riformatore illuminista, propone modelli più razionali fatti di
compattezza e razionalità, ben ancorati al suolo da cui si elevano con
l’armonia delle antichità classiche, rifiutando ogni eccesso, ogni orpello. Ecco
quindi l’allargamento alla base delle murature principali, la sagoma
perfettamente simmetrica del fabbricato, il cui prospetto assume raffinata leggerezza in chiave di dinamicità,
guidata dai due elementi verticali dei camini, e dal frontone superiore, triangolare
snello e proteso verso l’alto. La disposizione interna dettata da funzionalità
e razionalità, vede al piano terreno i locali nobili della zona giorno, al
piano primo la zona notte, mentre al 2° piano le ampie soffitte fungono da
magazzini/disbrighi.
Non si
sono reperiti documenti che attestino l’anno di costruzione. Ma già il primo
catasto Napoleonico del 1825 risulta la presenza della villa padronale, senza
annessi laterali.
Il successivo catasto austriaco del 1875 riporta
l’ampliamento della costruzione, con l’aggiunta di un corpo a sinistra adibito
a servizi ed annessi, e la divisione della villa in due unità.
Il secondo catasto austriaco riporterà solo modifiche alla
corte, frazionata lasciando inalterato il fabbricato. Le nuove canapine catastali
ai fabbricati (italiane, datate 1910 circa) riportano già la situazione
attuale, sia per la disposizione della casa con gli ulteriori annessi paralleli
alla strada, che per la divisione dei terreni.
I Primi registri ipotecari che citano i beni in oggetto
censuario di Salvaterra (Arc.St.-c17 pag. 121) sono del 1845: la proprietà
risultava in capo a Casarotti Valentino fu Bellino.
La proprietà ha una estensione totale di 28 pertiche e 20
centiare. La casa, identificata col n° di mappa 820, ha estensione di 127 mq e
rendita di 88 lire austriache e 79 centesimi.
Alla pag. 375 si riporta che in data 23/6/1846 il bene è
venduto a soc. Norsa di Norsa Giuseppe. Alla pag. 364 si trascrive che in data
30/9/1854 il bene è venduto a Rossato Felice fu Pietro + fratelli che dividono
il terreno in due parti di eguale superficie, dividendo nel contempo anche la
casa: quella a sud/ovest sarà quella oggetto di confisca; quella a nord/est
seguirà altre strade.
Nel 1857 viene iscritta livella, cioè contratto di affitto
dei terreni di durata trentennale a favore del Conte Marsit D’Espagnac Carlo
Amabile (che gestiva con livella la maggior parte dei beni della Vangadizza). Nel
1857 le superfici vengono rettificate a seguito di specifici rilievi, e nel
1867 i fabbricati passano al catasto fabbricati, allora costituito per Regio
Decreto.
Metà della proprietà nel 1857 passa in capo a Rossato
Luigi. E nel 1874 passerà a Casarotti Bellino. Il 24/8/1866 l’altra metà del
terreno (ex di Rossato Felice) è venduto a Valente Angelo fu Gaetano. La famiglia Valente
terrà la proprietà della casa per oltre 120 anni. Il terreno afferente ha area
di 13 pertiche e 58 centiare. In 20 anni il valore della casa era cresciuto già
a 117 lire austriache e 73 cent.
Nel 1874
muore il Conte D’Espagnac, ed il livello passa in eredità alle due figlie. Nel
1891 Casarotti Bellino vende a Boldrin Margherita, Casarotti Filippo e
Consorte, che nel 1893 cedono a Valente Angelo fu Gaetano, che quindi torna a
riunire i due terreni, che erano stati divisi nel 1854. L’intera proprietà del
bene (terreni e casa) passa per successione di Valente Angelo Fu Gaetano del
4/1/1894 ai figli Valente Gaetano e Maria.
Il 14/10/1908 i fratelli si dividono l’eredità con atto di
divisione per cui a Gaetano spettano gli immobili, a Maria i capitali liquidi
disponibili.
Nel 1915 viene cancellata la livella a favore delle figlie
del conte.
Il 26/8/1928 Valente Gaetano muore lasciando in successione
alla sorella Maria gli immobili; a fine 1959 muore Valente Maria, ed i beni
passano alle tre figlie Olga, Annamaria e Luigina Crocco.
Il 30/10/1973 Annamaria cede la sua quota di 1/3 ad Olga.
La proprietà è quindi per 2/3 in capo a Olga, 1/3 a Luigina; il 1/11/1977 muore
Luigina, e le nuove quote di proprietà diventano pari a 5/6 per Olga e 1/6 per Annamaria;
il 27/9/1978 Annamaria vende la sua quota a Schiavo Alberto (quota 1/6) mentre Olga
mantiene quota 5/6. Il 5/10/1984 muore Schiavo Alberto. Per successione la sua
quota passa alla figlia Valeria.
L’11/10/1988 Valeria e Olga vendono la piena proprietà
intera a Ravagnani Anna.
Alla casa non sono legate proprietà terriere. Il piccolo
appezzamento in fianco può aver costituito l’orto che forniva la verdura e
ortaggi nei mesi caldi, dato che la casa risultava adibita a residenza estiva,
quale casa di campagna di signori ferraresi, che la utilizzavano solo nei mesi
caldi. Gente signorile, discreta ma non schiva, che apprezzava la vita ed il
clima, non solo meteorologico, di Salvaterra, pur non immischiandosi mai negli
affari e nelle attività personali degli abitanti. “gente bona”, dicono i vicini “i
vegnéa da Ferara tuti i ani, coi fioi. Siori, ma no te ga mai sentìo nesun
discorso su de lori…”.
LA
SITUAZIONE OGGI
La nuova stagione della villa inizia l’11/10/1988 quando le
proprietarie Schiavo Valeria e Crocco Olga vendono la piena proprietà a
Ravagnani Anna, per il prezzo stipulato di £.50.000.000. La sig.ra Ravagnani,
che è moglie di Ferrari Francesco, il 27/9/1995 dona il bene alla figlia
Alessandra, probabilmente annusando già odore di sequestro e di azioni giudiziarie
nei confronti del marito che si concretizzano nella nota della sez. Polizia
Giudiziaria di Verona del 12/12/1995, in base alla quale il Procuratore della
Repubblica di Verona richiede in data 22/12/95 l’applicazione di misure di
prevenzione ed il sequestro dei beni,
che viene disposto il 29/12/95 dal Presidente del Tribunale sez.Penale di Verona
e trascritto sui beni (in conservatoria a Rovigo) il 3/1/96.
Vale la pena conoscere le
motivazioni che hanno fatto attivare le procedure in oggetto:
“il
Presidente del Tribunale Civile e Penale di Verona – sezione Penale Vista la
richiesta formale del Procuratore della Repubblica del 22.12.1995 di
applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.
nonché la sottoposizione al sequestro anticipato per beni non confiscati di
Ferrari Francesco, attualmente detenuto presso la casa di reclusione NC di
Padova,
esaminate la nota redatta in data 12.12.1995 del personale della
sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica di Verona e la
documentazione ad essa allegata,
rilevato che in base agli accertamenti svolti dalla Polizia
Giudiziaria, Ferrari Francesco deve ritenersi persona dedita in modo stabile
all'importazione, detenzione e vendita di notevoli quantitativi di sostanze
stupefacenti, che i precedenti penali e giudiziali nonché la pessima condotta
di vita del soggetto autorizzano la formulazione di un giudizio di pericolosità
sociale nei confronti del Ferrari; che il predetto, proprio grazie all'attività
criminosa svolta si è assicurato la disponibilità di un cospicuo patrimonio, in
parte intestato anche alla moglie Ravagnani Anna, alla figlia Ferrari
Alessandra, nonché al cognato Ravagnani Gaetano, patrimonio certamente
sproporzionato al reddito dichiarato e alla propria attività economica,
Ritenuto pertanto che ricorrano in astratto i presupposti per
l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di
pubblica sicurezza; che sussistano sufficienti indizi che i beni acquisiti dal
Ferrari siano frutto delle sue illecite attività o ne costituiscano comunque il
reimpiego, che viene pericolo che siano sottratti o alienati
P.Q.M.
visti gli artt. 1-2 L. 1423/56, 19 L. 152/75, 1-2/2bis/2ter L. 575/65
DISPONE il sequestro in via anticipata dei seguenti beni: unità
immobiliare villa con cortile intestata a Ravagnani Anna sita in Salvaterra,
Via Partigiani 262, il tutto distinto al NCEU di detto comune alla partita
1297 Fg. 1
Mapp. 130 Sub. 1 e 2, sovrastante il terreno indicato all’ NCT censo di
Salvaterra partita speciale 1 Fg. 1 Mapp 130 di are 7.87 ed il terreno agricolo
parzialmente edificabile alla partita 754
fg.1 particelle 128 e 129 di are 33.76 il cui valore indicativo del mercato è
di almeno Lire 1.000.000.000”
Seguono altri beni mobili
ed immobili oggetto anch’essi di sequestro.
L’atto è del 29/12/95; il
3/1/96 i Carabinieri di Badia provvedono ad attuare fisicamente il sequestro
del bene ed il relativo accertamento di consistenza. Nell’Udienza del 15
Gennaio 96 in Tribunale a Verona viene proposta l’applicazione delle misure di
prevenzione e convalida del sequestro, che in data 22/3/96 viene esteso anche
ad altri beni personali del Ferrari, il quale con sentenza n° 161 del 8/4/97
verrà condannato. I gradi successivi di giudizio impiegano alcuni anni, ma la
giustizia prosegue il suo corso: il 16 e 17/1 e l’8/11/2002 si susseguono atti
di sequestro di altri beni, rigetto di istanza di dissequestro, e disposizione
di confisca dei beni per devoluzione allo Stato che viene trascritta il
12/11/02. l’atto effettivo di devoluzione viene emesso il 16/1/2003 e
trascritto due giorni dopo.
Con ordinanza
definitiva del 27/3/2003 la Corte di Cassazione finalmente ordina la confisca
dei beni: il Comune di Badia Polesine con nota del 12/11/2003 si rende
disponibile all’acquisizione del cespite al patrimonio indisponibile del
Comune, per cui il 18/11/03 il Prefetto di Rovigo rilascia parere favorevole a
tale passaggio per l’utilizzo a favore delle associazioni di volontariato
operanti sul territorio Com.le. La relazione del 9/2/2004 dell’Agenzia del
Demanio di Verona definisce, identifica
e stima tali beni di cui il direttore dell’Agenzia di Verona con nota del
12/2/04 propone quindi il trasferimento, recepito dal direttore centrale
dell’Agenzia del Demanio con decreto di trasferimento n° 7183 del 23/3/2004 trascritto
in Conservatoria a Rovigo il 31/5/2004, assieme al vincolo di indisponibilità. In
data 27/4/04 si redige verbale di accertamento di consistenza del bene, e
contestuale consegna al Comune di Badia Pol.ne. Con comunicazione del 16/5/04 il Prefetto comunica al Sindaco di Badia la
chiusura della formalità, compiutasi con l’atto precedente, “atteso che detta norma prevede che se entro un anno dal trasferimento
il Comune non abbia provveduto alla destinazione del bene, il Prefetto nomina
un Commissario con poteri sostitutivi”.
La nuova
proprietaria (Ravagnani Anna) non perde tempo: l’acquisto della villa è dell’11
Ottobre 1988, e già il 16/11/88 il Comune di Badia le rilascia :
-
autorizzazione edilizia n° 438 per lavori di ripasso del
coperto, rimozione intonaci interni ed esterni, asportazione pavimentazioni del
fabbricato in oggetto.
-
autorizzazione edilizia n° 439 per lavori di costruzione
recinzione lungo i confini di proprietà (lavori che non verranno attuati)
Come riportato nel verbale
di accertamento di consistenza e di consegna al Comune di Badia Pol.ne del
27/4/04
“trattasi di compendio edificale costituito
da ampia costruzione di antica origine con area scoperta annessa, situato nel
centro storico della frazione Salvaterra, l’edificio risulta ricompreso nella
schedatura B-26 degli edifici risalenti
a data anteriore al 1813 del comune di Badia Pol.ne; il corpo residenziale si
deve far risalire almeno all’epoca napoleonica, mentre l’adiacenza che chiude
il complesso a corte è della fine dell’800… lo stato di conservazione
complessivo e la qualità delle strutture, anche con riferimento agli interventi
di ristrutturazione già eseguiti, sono da ritenersi discreti. L’edificio ha
configurazione planimetrica ad “L”: un’ala prospetta la strada pubblica mentre
l’altra (più lunga) si affaccia sul cortile interno di pertinenza; sul retro
del fabbricato ad ovest si sviluppa la rimanente consistenza scoperta del
terreno compreso in parte in zona edificabile per completamento edilizio. Il
fabbricato si sviluppa parte su due e parte su tre piani fuori terra, con
altezze in gronda comprese fra i 6,00 e gli 8,00 m; risulta ristrutturato negli
elementi portanti principali (solai,
murature perimetrali e di spina, e coperto) ma non è stata completata la
realizzazione delle scale di collegamento. Nel complesso l’attuale stato della
costruzione può essere definito “al grezzo”. Il progetto di ristrutturazione
prevede la realizzazione di un’unica abitazione con relative pertinenze, ma
appare agevolmente possibile un’eventuale riconversione per utilizzi diversi.
Sulla scorta degli elementi geometrici rilevati anche dalle planimetrie di
progetto, la superficie lorda complessiva del fabbricato è pari a circa mq 520;
il cortile di pertinenza è pari a mq 450”.
Dalle fotografie scattate
all’epoca le piante maestose presenti oggi nel cortile risultavano ben più
contenute come sviluppo. Il tono generale del fabbricato risultava dimesso,
specie per il corpo aggiunto. La casa si presenta in buono stato, ma necessita
di interventi decisi per tornare ad uno stato più consono, per cui nel Maggio
del 1989 segue regolare concessione edilizia n° 109 per intervento di
ristrutturazione.
L’intervento di
ristrutturazione viene affidato a due fra i più validi professionisti della
Provincia: un architetto per l’aspetto di valorizzazione architettonica del fabbricato, ed un
ingegnere calcolatore per gli interventi di recupero statico e strutturale. Si
interviene quindi a partire dalle fondazioni, rese organiche con l’inserimento
di pali realizzati col sistema delle colonne di terreno consolidato, collegati
da travi in c.a. e con sottofondazioni; si interviene sulle murature, messe a
nudo per scoprirne i punti di debolezza, nuove travi in spessore sostengono i
solai, nuovi anch’essi, ammorsati alle murature con cordoli in calcestruzzo.
Tutta la scatola edilizia viene quindi irrobustita e chiusa a seguito delle
informazioni ottenute con le prime indagini, cioè dopo la messa a nudo delle
murature, con inserimento di tondini fissati con iniezioni: da 16 mm. sui 4
angoli del fabbricato e sull’innesto dei maschi murari, e da 14 mm sui muri
interni; le strutture lignee sono state trattate e consolidate nelle teste
oltre che solidarizzate fra loro.
Nella relazione allegata al progetto di
ristrutturazione edilizia il progettista indica l’assenza di fondazioni,
murature interne impregnate di umidità e soggette ad aperture di forometrie non
organiche; i muri perimetrali sono staticamente sufficienti, ma bisognosi di
apporti tecnici quali sottofondazioni e taglio contro la risalita di umidità. I
solai presenti, in legno ormai fatiscenti a causa delle infiltrazioni e degli
agenti atmosferici risultano non idonee per sezione e forma ad un recupero
architettonico razionale. Il tetto invece ha strutture il legno recuperabili
sia per costruzione che per destinazione; serramenti e pavimenti sono da
sostituire. Si prevede quindi la sostituzione delle tramezze interne con
procedimento di cuci-scuci, il mantenimento integrale delle murature esterne,
la sostituzione dei solai in legno con altri in laterocemento, il rifacimento
di tutti gli intonaci, la conservazione integrale della struttura del coperto
con aggiunta di idonea coibentazione sottocoppo, la sostituzione di serramenti
e scuri. Una nota particolare emerge dalla relazione tecnica: le forometrie non
risulterebbero conformi alle vigenti disposizioni, ma è auspicabile una deroga
alle stesse per non stravolgere l’aspetto esterno dell’edificio.
La tabella dei dati
planivolumetrici indica un totale di 405 mq equivalenti, per un volume di 1153 mc. Il
gusto estetico dell’architetto porta a suggerire l’inserimento di uno scalone
centrale di grande effetto, a chiocciola a pianta ellittica.
I locali si presentano
ampi, regolari a tutti i piani. Gli spazi disponibili sono funzionali e ben
distribuiti, e tale disposizione viene correttamente mantenuta dal progettista
incaricato, che mantiene inalterate le caratteristiche proprie dell’edificio,
prevedendone il riutilizzo a seguito del pieno recupero strutturale, dando
quindi la speranza di un nuovo lungo periodo di vita al fabbricato.
IL FUTURO
Negli atti formalizzati nel
periodo 1995/2005 si legge che “il Prefetto
di Rovigo con nota in data 18.11.2003 ha espresso parere favorevole in merito all'utilizzazione
del cespite da parte del Comune di Badia Pol.ne per sede di organizzazioni di
volontariato e che il Sindaco del
Comune di Badia Pol.ne con nota prot. 1773 del 12.11.2003 specificando la piena
disponibilità all'acquisizione del cespite di cui trattasi al patrimonio
indisponibile del comune medesimo e all'assunzione a carico del bilancio
comunale degli oneri finanziari correnti per dare funzionalità a parte dell'immobile
in questione, ha precisato di poter utilizzare lo stesso come sede per le
numerose organizzazioni di volontariato esistenti a livello locale”.
“Il Direttore della filiale di Verona dell'Agenzia del
Demanio che ha sentito l'amministratore dei beni confiscati, ha proposto di
trasferire il compendio immobiliare in argomento al patrimonio
indisponibile del Comune di Badia Pol.ne per finalità sociali, in particolare
per essere utilizzato come sede delle numerose associazioni di volontariato
operanti nel territorio.
Il Direttore Centrale del Demanio Dispone che il compendio
immobiliare sito in Salvaterra nel Comune di Badia Pol.ne meglio descritto in
precedenza, è trasferito nello stato di fatto e di diritto in cui si trova, al
patrimonio indisponibile del Comune di Badia Pol.ne per finalità sociali in
particolare per essere utilizzato come sede delle numerose organizzazioni e
associazioni di volontariato operanti nel territorio del suddetto ente civico.
Dalla lettura degli atti
formalizzati nel pieno rispetto delle norme vigenti non sembrano potersi
definire ipotesi diverse o alternative per l’utilizzo dell’immobile in oggetto.
Eventuali altre vie o soluzioni, miranti ad esempio all’individuazione di
soggetti compartecipanti in grado di favorire l’ottenimento dei finanziamenti
necessari, o che prevedano usi anche parziali a pagamento delle strutture, dovranno
essere vagliate con particolare attenzione.
Dopo aver ricevuto il
trasferimento del cespite, la giunta Com.le con delibera n° 133 del 20/10/04 prese
in carico il bene nel quadro del patrimonio indisponibile del comune, dopodichè
il Comune di Badia si attivò per rendere fruibile il bene. A seguito di rilievi
specifici ed analisi puntuali l’Ufficio tecnico Com.le nel Settembre 2005
predispose un progetto esecutivo per “la
ristrutturazione di un edificio da adibire a sede permanente di centri di
servizi culturali e dell’associazionismo sito nella frazione di Salvaterra”
che con del. G.C. del 28/9/05 veniva approvato per un importo complessivo di € 700.000. Il progetto
prevedeva delle felici soluzioni per il riuso dell’immobile, con adattamento
funzionale dei locali nel pieno rispetto dell’architettura e del carattere
dell’immobile ricavandone le sedi delle associazioni socio-culturali presenti
nel territorio, oltre ad una sala comune multiuso per convegni, conferenze,
corsi etc. ed un servizio cucina per organizzazione di momenti conviviali.
Nella relazione illustrativa si citano
le 29 associazioni operanti all’epoca sul territorio, evidenziando come il
Comune si sia prefissato, con l’iniziativa, di rivalutare il territorio ed in
particolare la vita sociale delle frazioni.
Lungi dal voler inseguire sogni fumosi, si
deve ammettere la presenza di qualche difficoltà oggettiva per giungere allo
scopo di rendere disponibile il cespite “per
finalità sociali ed in particolare per essere utilizzato come sede delle
numerose associazioni ed organizzazioni di volontariato operanti nel territorio
di Badia Pol.ne”.
Concretamente ci si deve
rimboccare le maniche per superare ostacoli amministrativi, giuridici, pratici
e soprattutto economici di notevole rilevanza. Iniziamo da piccoli problemi
pratici che si incontreranno, anche se facilmente superabili con la volontà ed
il contributo di tutte le parti interessate, ma che si ritiene utile ugualmente
evidenziare:
1 - Il fabbricato è sito
in Salvaterra. Gli spazi risultano ampi, ben distribuiti, sia all’interno che
all’esterno, con aree comodamente fruibili anche
da più soggetti in contemporanea, ma il tutto si trova a Salvaterra, a circa
2,5 km dal centro di Badia. Ciò potrebbe comportare qualche problema logistico
per gli spostamenti dei futuri utilizzatori del bene, specie pensando a realtà
quali i ragazzi delle società sportive, gli scout, gli studenti, che non avendo
l’auto avrebbero difficoltà, specie nella stagione fredda, a raggiungere i
locali messi loro a disposizione.
2) Il terreno agricolo sul retro - appezzamento
di terreno di cui alla partita 128-129 di are 33.76 - risulta coltivato da
terzi già prima dell'acquisto da parte della Ravagnani Anna, come da verbale di
sequestro preventivo in data 03.01.96 dei Carabinieri di Badia Pol.ne, e pertanto la sua liberazione da
diritti acquisiti di terzi potrebbe comportare oneri e difficoltà burocratiche
in capo al Comune. Di questo come di altri aspetti specifici potrebbe essere in
grado di fornire alcuni chiarimenti il dott. Rag. Vito Misino quale
amministratore dei beni confiscati nominato con l’ordinanza Tribunale di Verona
del 08.11.2002, con cui si richiede allo stesso relazione aggiornata sullo
stato dei beni e sulla gestione.
3) Il terreno posto sul
dietro (a nord, di cui a mappale 128 e 129), non costituisce un tutt’uno
organico ed intero con il mappale 130 relativo alla casa. In corrispondenza ai
locali annessi adibiti a garage doppio e ripostiglio (quelli che si hanno di
fronte accedendo al cortile) sul retro è presente un terreno, di cui a mappale
127, che non essendo in proprietà della sig.ra Ravagnani, e non essendo stato
acquisito alla intestazione comunale, creerà senz’altro problemi di accessi e
di utilizzo delle aree attorno alla casa, oltre all’impossibilità di uscita sul
retro da tali locali. Il progetto del 2005 predisposto dal Comune di Badia ne
prevedeva l’esproprio, ma nessun atto amministrativo fu mai iniziato per
accendere tale procedura. Fra le attività realizzate dal professionista
incaricato all’epoca (1989) si sono reperite le note relative ad una ipotesi di
accordo privato convenuto con la proprietà di tale terreno, che prevedeva il
frazionamento del terreno di cui a mappale 129, per cederne la superficie a
nord di circa 1400 mq (R1) oltre alla striscia di circa 300 mq per arrivarci
(R2). La proprietà di tali aree sarebbe stata permutata in cambio del mappale
127 di mq 1500 circa (N1)
che passerebbe in proprietà al possessore della villa, a meno di una piccola
area da mantenere alla altrui proprietà per accedere ai nuovi terreni.
4) ben più gravi e
rilevanti sono i problemi di ordine economico-finanziario, fino ad ora
dimostratisi insuperabili: il progetto predisposto dall’Ufficio Tecnico Com.le
di Badia nel settembre 2005 all’elaborato 12 –computo metrico estimativo- porta
ad un costo (per le sole opere edili) pari ad € 340.775,76; sommando i costi
previsti per gli impianti la cifra sale già a 700.000 euro. La relativa
richiesta di contributo regionale non ha avuto riscontro. Gli oneri, le spese
in diretta amministrazione e gli aumenti subiti dal 2005 ad oggi porta l’aggiornamento
del costo totale previsto per l’intervento ad oltre 900.000 euro. Considerando
gli ulteriori costi per la sistemazione dell’area esterna il costo complessivo per
rendere fruibile l’immobile si aggira quindi sull’ordine di 1 milione di
euro. Tale costo indicato dal
Comune è senz’altro in linea con i valori medi correnti
per interventi di ristrutturazione di fabbricati storici, considerando che le
superfici da recuperare sommano a oltre 800 mq.
Nemmeno l’ipotesi di
eseguire i lavori per stralci funzionali successivi (ad es. un piano alla
volta) ha trovato attuazione operativa per mancanza di fondi. L’unica strada
percorribile, secondo il modesto parere dello scrivente, potrebbe risultare
quella di una sinergia fra Comune, Regione, Stato (nella fattispecie fondi
reperiti nei meandri di qualche Ministero), con la consapevolezza di dover
tagliare comunque gli interventi al minimo indispensabile pur di garantire la
funzionalità dei locali.
Resta il rammarico che
nuovi più accorti e lungimiranti interventi governativi non abbiano finora portato
ad utilizzare le somme confiscate alle mafie per poter rendere efficaci le
confische attuate agli immobili delle stesse, col rischio di vanificare tutta la procedura.
Chi commise i reati accumulando patrimoni illegittimi poté acquisireil bene in
oggetto, e poté tenere da parte le somme necessarie per la sua
ristrutturazione, che avviò. Non si condivide pertanto la ratio giuridica di confiscare l’immobile ma di non poter utilizzare
le somme illegittimamente accumulate e già inserite, dallo stesso reo, nel
capitolo “ristrutturazione” dello stesso immobile.
RICICLAGGIO E BENI CONFISCATI
PUBBLICO CONVEGNO DI STUDIO, ANALISI E PROPOSTA
RELAZIONE SUL BENE CONFISCATO IN SALVATERRA
ING. ENRICO MORO
BADIA POLESINE, 27 MAGGIO 2012
LIBERA
– Coordinamento Provinciale di Rovigo
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